Cartelle cliniche in rete con Google Health

Negli Stati Uniti basta un click per controllare la propria salute o ripercorrere la propria storia clinica, grazie al servizio in rete di Google Health, che gestisce l'archiviazione a la ricerca su Internet delle informazioni sulla salute, propria o dei propri pazienti. E la rende facilmente accessibile e consultabile dai vari specialisti.

L'amministratore delegato di Google, Eric Schmidt, ha parlato di un servizio sicuro di condivisione delle informazioni, in cui i clienti archivieranno i dati e potranno accedervi solo tramite login e password. Data la natura altamente sensibile dei dati conservati, l'accesso alle informazioni da parte dei medici avverrà solo dietro esplicito consenso del paziente. Data la natura altamente sensibile dei dati conservati, l’accesso alle informazioni da parte dei medici avviene solo dietro esplicito consenso del paziente. Ogni utente, grazie al nuovo servizio avrà un proprio profilo certificato Google e tramite il sistema di condivisione via web potrà comunicare i propri dati, la propria storia medica o le proprie esigenze a diversi specialisti o alla farmacia di fiducia.


(29 febbraio 2008)

Una donna su 10 soffre di endometriosi

Il dolore mestruale può celare una malattia ancora poco nota: l'endometriosi. Ne sono colpite tre milioni di donne nel nostro Paese, spesso senza saperlo.
L'endometriosi è una patologia cronica, spesso progressiva, in cui alcune cellule della mucosa uterina (l'endometrio, appunto) s'impiantano al di fuori della loro sede d'origine. Si può instaurare già nell'adolescenza ma viene diagnosticata in genere con grave ritardo (intorno ai 25-28 anni), provocando una notevole riduzione della qualità della vita sociale, lavorativa e sessuale. "Il sintomo principale è il dolore, ma anche gonfiore addominale, perdite di sangue anomale o affaticamento cronico devono far accendere un campanello d'allarme - spiega il professor Vittori presidente della Sigo - attualmente non esiste una terapia definitiva ma si possono trattare efficacemente il dolore e l'eventuale sterilità. Infatti, in molti casi si giunge alla diagnosi solo quando si indaga sulle cause di un figlio che ‘non arriva’". Per questo l'Associazione Italiana Endometriosi (Aie) chiede che la malattia venga riconosciuta come criterio preferenziale per l'inserimento nelle liste d'attesa per la fecondazione assistita e per accedere all'adozione. Uno studio europeo del 2005 fotografa chiaramente come l'endometriosi sia molto debilitante per la donna: nell'81% delle interviste sono emersi disturbi del sonno, nel 79% riflessi sulla vita lavorativa, nel 77% rapporti sessuali dolorosi quando non addirittura impossibili, con pesanti ripercussioni sulla vita di coppia.
Dal 3 al 9 marzo partirà la campagna di consapevolezza sull'endometriosi, che si svolgerà in tutta Europa e nelle principali città italiane. L’iniziativa è sostenuta dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo). Sarà inoltre attivo un numero verde (800.910.245, dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 20) a cui risponderanno ginecologi Sigo.
(27 febbraio 2008)

Dolore cronico: 12 milioni di donne colpite

Le donne vivono più a lungo, ma soffrono di più. Questo è quanto emerge dal convegno su 'Donne e dolore',organizzato da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) a Milano. Un problema decisamente al femminile. Un dato preoccupante, e che non tiene conto dei ‘dolori dell'anima'". Malgrado le cifre quasi da 'epidemia', questo è ancora oggi uno dei problemi meno conosciuti e meno affrontati dalla medicina. Il recente appello di centinaia di medici italiani affinché siano riconosciuti i diritti di questi pazienti, è la dimostrazione che c'è bisogno di un nuovo tipo di sensibilità per cominciare a considerare questo problema come un nemico da combattere.
Se molti pazienti muoiono soffrendo, troppi vivono con dolore. E se la sofferenza è un 'campanello d'allarme' di cui l'organismo si avvale per segnalare una situazione di pericolo, quella cronica è inutile. In Italia l'assistenza latita e la ricerca sembra ferma. Nelle istituzioni sanitarie italiane manca l'attenzione verso questi pazienti. Nonostante si tratti di una malattia che spesso riduce all'immobilità, non c'è nessuna forma di assistenza domiciliare. I malati restano quasi sempre abbandonati a se stessi e devono medicarsi da soli. Si tratta di un male invisibile per gli altri, difficile da diagnosticare. Attualmente non esiste una terapia che vada bene per tutti, e per entrambi i sessi. Le donne sono più vulnerabili al dolore cronico poiché sono più esposte a malattie acute e croniche, affrontano esperienze dolorose come la gravidanza, il ciclo mestruale o le emicranie quotidiane. Il dolore, persistente e cronico, genera uno stato fisico e psicologico tale per cui si può definire una 'malattia' a tutti gli effetti. E può portare a una condizione di depressione e di distacco dalla vita quotidiana. L'appello di Onda è, dunque, quello di prestare più attenzione alla sofferenza delle donne, perché nel 2000 non si può vivere di dolore.
(24 febbraio 2008)

Pro e contro dei chili di troppo

Sono tutti d’accordo: l’obesità è un problema grave, e va combattuta. Tanto che di recente il direttore dall'International Obesity Task Force, il nutrizionista Philip James ha suggerito l’istituzione di una vera e propria task force contro il flagello dell’opulenza. "La dilagante obesità va affrontata – ritiene James - né più né meno alla stregua dei cambiamenti climatici. E i leader di ciascun Paese devono impegnarsi per garantire ai loro cittadini l'accesso al cibo sano". E il primo passo nella direzione giusta, avvisa, "è quello di scrivere regole più rigide sulla commercializzazione dei prodotti alimentari, e sulla loro etichettatura", avvisa il nutrizionista dal palco del congresso dell'American Association for the Advancement in Science, a Boston (Usa). I suoi strali si rivolgono "alla crescente mancanza di esercizio fisico e ai piani delle grandi multinazionali alimentari che mirano a conquistare bambini e giovani".La situazione è tale, dice, che "nel mondo ci sono 10 milioni di bambini sovrappeso o obesi. Il doppio di quelli malnutriti. Più di un indicatore ci dice che non stiamo facendo abbastanza per contrastare questa tendenza all'aumento di peso tra i più piccoli".
Ma nello stesso momento in cui a Baston si dicono queste cose, sempre dagli Stati Uniti viene fuori uno studio dell'agenzia federale Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) che, di fatto riabilita i 'paffutelli'.
Insomma: l'obesità, continua a essere il grande nemico da contrastare, ma se i chili in più non sono molti, le cose cambiano decisamente. Chi è in sovrappeso corre un più alto rischio di morire per alcune patologie quali diabete e malattie renali rispetto alle persone in perfetto peso forma, precisa il rapporto dei Cdc, ma i 'grassottelli' rischiano meno di perdere la vita per enfisema, polmonite e altre malattie respiratorie, senza esporli al rischio di malattie cardiache o di cancro. E, in generale, il loro tasso di mortalità è più basso.
Ma i ricercatori che hanno condotto lo studio, capitanati da Katherine Flegel, ci hanno tenuto molto a precisare che i dati raccolti sono basati sulla mortalità non sull'incidenza delle malattie. “Noi – hanno detto - non possiamo dire, basandoci su questa ricerca, se si hanno più probabilità di ammalarsi di cancro o di malattie cardiache, ma esclusivamente se si rischia maggiormente di morire di queste patologie". Dunque un conto è restare in vita, un altro è vivere in buona salute. Certo è che qualche curva in più, oltre a non guastare, potrebbe essere preferibile a una frenetica e disperata dieta per buttar giù qualche chilo di troppo.
In definitiva, basta il buon senso di una volta, potendo scegliere: grassi no, ma nemmeno rinsecchiti.
(20 febbraaio 2008)

Intolleranze alimentari: servono più test

"In Italia circa il 6-7% dei bambini sotto i 14 anni è colpito da intolleranze alimentari, ma servono più test clinici per impedire che queste siano confuse con allergie alimentari gravi, che riguardano invece solo lo 0,5% dei bambini".
E' l'appello lanciato da Giovanni Cavagni, responsabile di Allergologia pediatrica all'ospedale Bambino Gesù di Roma, in occasione della 'Terza giornata del bambino allergico', un convegno organizzato nella capitale da Alama (Associazione laziale asma e malattie allergiche), Federasma (Federazione italiana delle associazioni di sostegno dei malati asmatici e allergici), Siaip (Società italiana allergologia e immunologia pediatrica) e dallo stesso ospedale romano.
"I bambini che presentano problemi legati al cibo - ha spiegato l'allergologo - vanno sottoposti ad accertamenti clinici adeguati presso centri specialistici, prima di eliminare qualsiasi alimento dalla loro dieta". Il rischio, infatti, è di togliere cibi importanti dalla nutrizione del bambino, compromettendo la dieta quotidiana del piccolo. Cavagni batte molto sul tasto dell'accertamento clinico. "Vanno fatti test di sforzo in vari 'step': prima a digiuno, poi con gli alimenti sospetti e infine senza gli alimenti sospetti. Finché nonè dimostrata l'intolleranza, non bisogna togliere cibo ai bambini".
(18 febbraio 2008)

Una corsa al giorno...

Mens sana in corpore sano, dicevano i latini. Come fare per raggiungere questo stato di grazia? A volta basta poco. Alimentazione equilibrata e una giusta attività fisica. Anzi, secondo la Washington University School of Medicine di St. Louis, nel Missouri (USA), sarebbe sufficiente scegliere uno dei due metodi. I ricercatori americani, infatti, hanno diviso in due gruppi 25 pazienti in soprappeso ma con le condizioni di salute buone. Un primo gruppo, per un periodo di un anno, ha seguito una dieta (taglio delle calorie assunte in una giornata di circa il 12%); un secondo gruppo, sempre per un anno, ha praticato attività fisica e motoria: andare in bici, camminare, fare una corsa per sei giorni a settimana.
Risultato: entrambi i gruppi hanno perso il 12% del loro peso e, cosa più importante, il cuore ne ha tratto giovamento, ritrovando elasticità e capacità di rilassamento tra una contrazione e l’altra.
(15 febbraio 2008)

Papilloma virus: il pap test strumento migliore

È il secondo tipo di tumore femminile più diffuso, dopo quello della mammella: il papilloma virus (HPV) causa 250 mila morti e 400 mila nuovi casi di cancro alla cervice dell' utero ogni anno. Colpisce le fasce meno abbienti, ovvero quelle che non ricorrono agli strumenti di diagnosi precoce come il pap-test. In Paesi come Africa e America Latina il cancro della cervice uterina è la prima causa di decesso per le donne. La recente introduzione nella pratica clinica del vaccino contro questo virus - il secondo antitumorale in commercio, dopo quello contro l'epatite B efficace per prevenire alcuni cancri del fegato - è stato presentato come un grande passo avanti per la salute delle donne. Commercializzato in Europa e Stati Uniti, il vaccino è in grado di prevenire malattie insidiose quali le verruche dei genitali e la degenerazione tumorale del collo dell'utero.
I medici, pur non criticando la commercializzazione di questo farmaco, ribadiscono che la vaccinazione non sostituisce il pap-test. L’esame citologico periodico che indaga le alterazioni delle cellule del collo dell'utero rimane ancora di fondamentale importanza, e offre protezione anche contro tipi di lesioni tumorali mal rilevabili con questo esame.
(12 febbraio 2008)

Tumore al seno. Lo dice un test ai capelli

Un test dei capelli in grado di individuare il cancro al seno sarà presto in vendita nel Regno Unito: Fermiscan, così si chiama l'innovativo sistema di diagnosi, costerà 100 sterline, circa 150 euro, e arriverà sugli scaffali entro pochi mesi, conferma il tabloid britannico 'Daily Mail'. In Gran Bretagna ogni anno si registrano 44 mila nuovi casi di tumore del seno e mille morti al mese. E le chance di sopravvivenza a sei mesi dalla diagnosi sono fra le più basse d'Europa. Il nuovo test, sicuro all'80% secondo le prove effettuate su 800 donne, si è dimostrato in grado di individuare 20 tipi diversi di tumore della mammella, e potrà aiutare soprattutto le malate più giovani, per cui la mammografia può essere poco precisa a causa della maggiore densità del seno. L'esame si potrà effettuare a casa, con un risultato che si basa sull'analisi della struttura del capello, modificata dalla presenza della malattia.
Ma gli oncologi dubitano della reale efficacia di Fermiscan e sono preoccupati per il gran numero di falsi positivi cui può dar luogo. Solo un consulto senologico, con l'utilizzo di tecniche di indagine incrociate, può offrire un reale sicurezza sui risultati.
(11 febbraio 2008)

Medicina su internet? Agli europei piace

Internet è sempre di più un punto di riferimento in tema di salute. In un anno, infatti, in Europa la propensione a usare la rete per ottenere informazioni mediche e sanitarie è cresciuta del 5%: dal 41% nel 2006 al 46% nel 2007. Un'abitudine che però vede ancora gli italiani ultimi, tra i più restii a considerare Internet uno strumento attendibile di informazione: ben il 60% dichiara di non averne mai fatto uso. Sono i dati del secondo Barometro annuale su attitudini, aspettative e preoccupazioni dei cittadini europei sul proprio sistema sanitario. L'indagine, commissionata da EuropAssistance, è stata realizzata dall'Istituto di ricerca Csa - in collaborazione con il gruppo di esperti francesi Cercle Sante Societé - sui cittadini di 5 Paesi (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna e Svezia).
Se sul fronte dell'informazione gli italiani appaiono poco attratti da Internet, lo sono invece rispetto all'opportunità di accedere via web a consulenze sanitarie, con il 46% delle risposte favorevoli (anche se in leggera diminuzione rispetto al 49% registrato l'anno scorso). Stabile, invece, la percentuale dei cittadini che, a livello europeo, è disposto a cercare consulenze mediche in rete: dal 38% nel 2006 al 39% nel 2007. In questo campo è la Svezia la capofila (60%), ma è il Regno Unito il Paese a registrare la più alta crescita (dal 36% nel 2006 al 49% nel 2007). Per quanto riguarda, invece, la ricerca di informazioni di salute in rete i più 'tecnologici' sono i cittadini del Regno Unito (56%), seguiti da quelli di Svezia (51%) e Germania (50%).
(7 febbraio 2008)

Intolleranze alimentari: quando il cibo è un nemico

Stanchezza generale, sonnolenza, gonfiori alle mani e ai piedi, borse sotto gli occhi, aumento della sudorazione. Oppure cefalea, ansia, irritabilità e difficoltà di concentrazione, difficoltà respiratoria, alterazioni della pressione, palpitazioni. Sono tantissimi i sintomi, con i quali siamo talmente abituati a convivere da considerarli normali, che possono avere una origine alimentare.
Il cibo che viene introdotto nel canale digerente entra, infatti, in contatto con il sistema immunitario (anticorpi e leucociti): alcuni alimenti possono provocare delle alterazioni morfo-funzionali di queste cellule danneggiandole o distruggendole. Da questi danneggiamenti cellulari si innescano reazioni a catena che possono provocare l'irritazione di svariate aree del corpo, anche lontane dalla sede di reazione iniziale, causando differenti sintomi nervosi, che nel tempo, possono costituire vere e proprie malattie. Ne sa qualcosa chi soffre di frequenti gonfiori e crampi addominali, senso di nausea, iperacidità gastrica, colite, disturbi dell'alvo (diarrea - stitichezza), flatulenza, eruttazione, prurito anale, emorroidi, ma anche disturbi della libido, infiammazioni uro-genitali e altre lesioni dermatologiche.
Ma anche tutti coloro che mangiano con moderazione, fanno regolarmente attività fisica e non riescono comunque a perdere peso dovrebbero sospettare la presenza di intolleranze alimentari.
Una nuova indagine per lo studio delle intolleranze alimentari rivela quali alimenti possono alterare il nostro stato di salute e fornisce la base di partenza per rimuovere, se correlate all'alimentazione, le cause dei disturbi presentati da ogni singolo soggetto, permettendo di migliorare così il nostro stato di benessere fisico e psichico.
(5 febbraio 2008)

Chirurgia: diagnosi, intervento e dimissioni in giornata

Il minor disagio - dovuto alla riduzione dei tempi di degenza in ospedale - e l’economia dei servizi medici stanno portando verso l’adozione di nuovi modelli organizzativi e tecnici in materia di ospedalizzazione. Sul modello del già consolidato day-hospital si sta diffondendo la “day-surgery”, che prevede l’accoglimento dei pazienti da sottoporre a interventi chirurgici, l’esecuzione delle procedure diagnostiche, l’intervento stesso e le dimissione nella stessa giornata o al massimo al mattino successivo. Tutte le specialità chirurgiche possono prevedere una parte di interventi in regime di day-surgery; dalla chirurgia generale all’oculistica, alla pediatria, alla chirurgia plastica all’ortopedia, e così via. Nell’ambito della chirurgia generale le malattie proctologiche, flebologiche, mammarie e soprattutto le ernie addominali sono tra gli interventi chirurgici più frequentemente risolvibili in ambito day-surgery. Ultima frontiera della chirurgia generale e di altre specializzazioni è la chirurgia laparoscopica: calcoli della colecisti, appendice, fibromi uterini, cisti ovariche e in generale tutte le patologie benigne possono avvantaggiarsi delle metodiche mininvasive che in casi selezionati comportano una degenza di ventiquattro ore. Altrettanto entusiasmanti sono le possibilità per l’artroscopia nel campo dell’ortopedia o dell’endoscopia operativa nel campo dell’urologia.
(4 febbraio 2008)

L'urologo risponde

Da oggi si potranno fare domande, chiedere informazioni direttamente all'urologo del Biocontrol, attraverso la posta elettronica. Basterà scrivere nell'oggetto della e-mail "L'urologo risponde". L'indirizzo è urp@biocontrol.it. La risposta in pochi giorni.

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